Io posso essere anche d'accordo su quello che dice il compagno di Jane Lane, ma non e' esattamente la risposta alla mia domanda, perche' questa e' una risposta sul lato sentimentale della faccenda, che io posso condividere o meno....
ma che penso che la maggior parte delle coppie, sposate o non sposate, condivida: il matrimonio non da' nessuna sicurezza di buona riuscita.
Ma il mio discorso (che Uva ha centrato in pieno) NON e' sul lato dei sentimenti, bensi' sul lato pratico della faccenda.
prendo l'esempio che ha fornito JaneLane stessa, cioe' il non ritenere giusto che una eventuale pensione del compagno possa NON andare a lei proprio per il fatto di non essere coniugi.
E' ovvio che dal mio punto di vista sia abbastanza logico che sia cosi', perche' secondo me certe tutele sono fatte per la coppia in quanto coniugi, cioe' due soggetti che decidono di stare insieme tutta la vita e di prendersi determinati diritti e doveri e di farlo con un contratto che ha delle peculiarita' proprio per la delicatezza dell'oggetto.
Diritti e doveri che, e' vero, possono essere sciolti col divorzio, ma che come tutti i contratti creano delle conseguenze sui due contraenti, in seguito alle loro scelte.
per esempio non ho mai sentito dire nessuno dei miei amici conviventi che vorrebbero che alla morte i debiti di lui finissero sulle spalle di lei perche' eravamo conviventi (esempio banalotto, perche' non per tutti i coniugi funziona cosi', ma diciamo che in % sono molti che devono subire questo tipo di conseguenze)
Jane Lane parlava di discriminazione tra coppie sposate e non, io ad esempio fatico a vederci una discriminazione perche' secondo me sono semplicemente due scelte diverse con due conseguenze diverse. Una e' tutelata dall'ordinamento l'altro no.
e' come quando uno compra una casa da un'altro tizio.
si puo' fidare e fare un normalissimo contratto di compravendita oppure puo' decidere per volersi tutelare di piu' o per tanti altri motivi e quindi decidere di trascriverlo nei pubblici registri.
L'ordinamento tutela solo e comunque soprattutto (diciamo che da' dei "privilegi") a chi il contratto lo trascrive.
questo perche' l'ordinamento, cioe' la societa' stessa, ha deciso di fornire agli appartenenti alla societa' questo strumento di tutela.
Ok, l'esempio non calza esattamente a pennello perche' la disciplina delle compravendite immobiliari e' tra le piu' complesse, ma penso che il senso si sia capito.
Jane Lane ha scritto:Tu dici "perché non sposarsi", la risposta può essere "perché non credo in tale istituzione" o qualunque altra, ma la questione importante è avere libertà di scelta. In Italia questa scelta non c'è e per questo tanta gente si sposa "perché funziona così", perché è tradizione, perché è l'unico modo per tutelarsi a vicenda. Beh, io credo che dietro al matrimonio dovrebbero esserci altre motivazioni invece di essere una "scelta obbligata" per chi queste motivazioni alle spalle non ce le ha.
Che la gente si sposi perche' funzioni cosi' o perche' e' tradizione, direi che sono fatti loro

come ci sono coppie che convivono solo perche' a vivere insieme dimezzano le spese o altri motivi
ma per le coppie che si sposano per tutelarsi, io penso che se uno sente il bisogno di tutelare l'altro in un quasiasi momento sia perche' quella coppia ha deciso che quella sia la loro forma di coppia. Hanno deciso di mettersi sotto l'ala protettrice dell'ordinamento.
Chi non lo fa, non significa di certo che ama di meno, solo che ha deciso un'altra modalita' di essere coppia che non e' sotto quest'ala.
quello che vorrei sapere io e' proprio questo, chi non vuole sposarsi vuole lo stesso essere protetto. ma in che modo?
con un contratto simile al matrimonio? differente in cosa?
una disciplina che non sia un "contratto"? e come scatterebbe l'applicazione di questa disciplina? mi pare inverosimile che scatti solo perche' due persone abitano sotto uno stesso tetto (potrebbero essere anche amici). ma allora scatterebbe da una dichiarazione dei due? una dichiarazione del genere dovrebbe essere fatta mediante atto pubblico, perche' direi che e' piu' importante dell'acquisto di un immobile. ma allora ok e' una dichiarazione e non un contratto, ma se ci si lascia bisogna sempre andare da quel qualcuno a renderlo noto, non basterebbe fare gli scatoloni e andarsene. e contrasterebbe anche col ragionamento di non ufficializzare di non fare nessun atto perche' "non e' quello che ti garantisce l'amore a vita"
per rispondere anche a gwada

sicuramente io ragiono in maniera molto razionale e di testa, non perche' il cuore non ce l'abbia

, ma perche' ritengo che dal momento in cui facciamo parte di una societa', la sfera emotiva sia inscindibile da essa e dal sistema di regole che la crea.
Io questo lo trovo corretto, ma penso anche che il "trucco" sia creare il sistema di norme giusto, che trovi d'accordo la maggior parte delle persone che fanno parte di quella data societa'.
In italia c'e' stato negli ultimi anni un grosso aumento di coppie conviventi.
Da un lato penso che questo sia dato anche dal significato sacramentale che ha il matrimonio in Italia (fino a qualche decina di anni fa era impensabile non sposarsi in chiesa) e dal fatto che vedo sempre piu' persone che non si rispecchiano in esso, ma non posso credere che questo sia l'unico motivo. Anche perche' esiste, giustamente, anche il matrimonio civile.
A fronte dell'aumento di un certo fenomeno e' secondo me necesario capirne le motivazioni della diffusione e poi eventualmente cercare di eliminare il problema alla fonte o di modificare l'assetto normativo in modo che anche il nuovo fenomeno abbia, se necessario, una sua tutela.
Io, ripeto, posso essere d'accordo sulla convivenza in quanto tale, ma faccio molta piu' fatica a capire il perche' si decida di convivere anziche' sposarsi, ma ci si lamenti poi del fatto che non vi siano le tutele matrimoniali sulla convivenza.
Come diceva Uva, non mi gira il ragionamento.
mi piace lo scambio di idee che si sta creando, in modo civile e rispettoso.
Mi scuso per il post lunghissimo, ma volevo cercare di spiegarmi il meglio possibile per non essere fraintesa o rischiare di essere offensiva.
Speo di esserci riuscita
