Storie di donne: sulle tracce della donna-giraffa
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Sono diversi i tipi di turismo e tanti sono i motivi che spingono l'essere umano ad intraprendere un viaggio. L'industria del turismo è in ogni luogo rifiorente ma per alcuni paesi rappresenta l'unica fonte di benessere. Proprio per questo motivo il turista è prezioso, e nei paesi più poveri e bisognosi è visto, sempre e comunque, come un 'benefattore'. Spesso si rivela un lupo travestito da agnello.
Il turismo sessuale ne è l'esempio più forte e drammatico. Il viaggio diventa strumento per incentivare schiavitù e annullare la dignità delle persone. Esiste anche un'altra forma di turismo anch'esso profondamente dannoso e pericoloso: il turismo cosiddetto etnico.
C'è chi parte alla ricerca dell'esotico, di qualcosa di diverso. Qualcosa di unico e raro... fosse anche un essere umano. Questo tipo di 'turista', che si crede una creatura superiore, un eletto, rischia di perpetrare uno dei crimini più abietti che la natura umana abbia mai conosciuto.
Il quotidiano 'Times' ha ultimamente lanciato un allarme raccogliendo la richiesta di aiuto delle donne-giraffa.
A tutti è nota l'immagine delle donne-giraffa. Tutti le conosciamo. In tanti le abbiamo ammirate sulle patinate pagine di magazine, riviste, libri o addirittura esposte e incorniciate. Ma osservarle, studiarle da vicino, dal vivo…? Tutta un'altra cosa poter dire di aver visitato uno "zoo per umani". Quanti, invece, possono dire di conoscere la loro storia, quella storia, tra mito e realtà, che le ha trasformate in donne dal collo lungo, e ora in novelli fenomeni da baraccone.
Chi mai ha pensato alla loro sofferenza, a quel desiderio, intimo e segreto, di dignità, di libertà?
Poco importa, lo spettacolo deve andare avanti e quel loro corpo animalesco farà bella mostra di sé in un album di foto, tra l'ilarità e lo stupore di chi le guarderà.
Mostruose e al contempo affascinanti nella loro deformità. Esili creature trasformate nell'animo, dal dolore e dalla sofferenza, ancor prima che nella loro immagine di esseri umani. Esiliate in villaggi che potrebbero chiamarsi ghetti o appunto zoo.
Ma non importa. Il viaggio, per il 'turista' è stato costoso e lo spettacolo gli è dovuto: in scena vanno le «donne-giraffa».
Sono migliaia i turisti provenienti dai cosiddetti Paesi civilizzati, desiderosi di sapere, vedere, toccare e comprare. Sono pronti con le loro preziosissime macchinette fotografiche ad immortalare quelle strane creature. Sono pronti a mettersi in posa accanto a donne, spesso bambine, inermi di fronte al destino. Donne e bambine che sono costrette, per pochi spicci, che siano dollari o euro o sterline non fa differenza, a far parte di un meccanismo terrificante: il mercato degli esseri umani.
Sono le donne della tribù Padung scappate in Tailandia nel 1990 dalla ex Birmania (oggi Myanmar), da quel regime militare che da oltre 40 anni limita e controlla qualsiasi aspetto della vita degli abitanti. Sono fuggite ma quello che hanno trovato non è stata di certo la libertà. Tanto meno hanno potuto riprendersi la dignità.
In Tailandia sono diventate merce da esporre, rarità da fotografare, oggetti di valore per il turismo. Niente possibilità per loro di 'rinascere'. Niente futuro, niente speranza.
Alcune di loro, oggi, hanno detto basta. Si sono ribellate. Una ribellione silenziosa ma di forte impatto: hanno sfilato i loro pesanti "collari" rinunciando, così, a quel valore, l'unico possibile, che è stato loro attribuito: il valore commerciale. Rinunciando, di conseguenza, anche all'unica fonte di guadagno e sostentamento per le loro famiglie.
Protagoniste sono alcune donne del gruppo Kayan, un'etnia della popolazione Karenni che vive da tempo nella provincia tailandese di Mae Hong Sonsi. Il 'Times' ha raccontato la storia di Mu Lon e della sua famiglia che per anni ha atteso il visto per trasferirsi in Nuova Zelanda senza aver mai risposta.
A nulla è valsa la minaccia di un boicottaggio turistico, a nulla è valso l'intervento dell'Alto commissariato per i diritti umani. E così dopo tanto tempo il governo neozelandese ha offerto i posti liberi ad altri profughi.
L'origine delle «donne-giraffa» è una storia dura e dolorosa iniziata tanto tempo fa. Si narra che i Nat, spiriti della tribù dei Karen, entrarono in conflitto con la tribù dei Padaung e per annientarli aizzarono le tigri contro le loro donne. Gli uomini Padaung per cercare di proteggere le loro madri, spose, figlie e sorelle decisero di ascoltare i consigli di un vecchio saggio che indicò loro di forgiare dei grossi anelli d'oro da infilare al collo, ai polsi e alle caviglie in modo tale da ostacolare il morso dei feroci felini.
Da quel giorno la vita di ogni donna, dall'età di cinque anni, è stata stravolta. Il corpo e l'anima vengono avvolti in una spirale di dolore e schiavitù che diventa assurdo simbolo di bellezza e seduzione per gli uomini della tribù. Un'esistenza imposta per diventare donna giraffa.
Inizia così la triste e affascinante storia delle donne dal collo lungo. Una storia che è scivolata dalla tradizione al mercato degli esseri umani.
Barbara Cultrera
(Fonte: http://www.retepariopportunita.it/Defau ... x?doc=2941)
donne giraffa: bisogna pagare per vederle!
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E ilregolamento? L'hai letto? 

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