Restituire

[Vera]

Tutto comincia così

“Fai un lavoro monumentale.”, mi ha detto di recente una delle partecipanti ad un mio laboratorio, non sapendo di essere la cinquecentesima, “Le traduzioni, le notizie, gli articoli, i seminari… Altra gente al posto tuo…” E qui aggiungete una delle cinquecento possibilità che vanno dal “si farebbe/si fa pagare fior di quattrini” al “avrebbe/ha una puzza sotto il naso che è stratosferica” (la donna in questione aveva scelto una variante della prima). Io ho ringraziato per l’apprezzamento come al solito, ma i tempi delle attività seminariali non mi danno mai l’opportunità di diffondermi in una spiegazione esauriente, per cui la mia interlocutrice resta con un’impressione sospesa che ha anch’essa uno spettro con due estremità: “questa è una santa” / “questa è baucca” (stupida).

E se pure, come tutti gli altri esseri umani, a volte posso essere una “santa” e più spesso sono davvero “baucca”, la verità è diversa. La dico qui per iscritto, con tutto il tempo e lo spazio offerti senza restrizioni da una pagina bianca. Chiamo la verità su quel che faccio “armonia” o “bilanciamento” o “restituzione” o “sistema dei vasi comunicanti”: il concetto è fluido, un misto di intuito e razionalità, per cui uso svariate parole nel tentativo di comunicarlo. Vi state avvicinando all’idea?

Quando mi sono chiesta cosa avevo da dire e dare al mondo e cosa il mondo poteva dire e dare a me, ho capito che per quanto pochi siano i miei talenti essi sono miei in relazione. C’è chi ha riversato le proprie capacità su di me (le mie maestre, in carne ed ossa o sulla carta) affinché io potessi trovare le mie. Quando mi sono chiesta perché ero maledetta da un’empatia profonda, ho compreso che il dono in sé non aveva colori foschi a meno che non fossi io a pennellarlo in quel modo: che fosse una benedizione o una maledizione dipendeva da quel che io ne facevo. Quando mi sono chiesta di che utilità era la mia familiarità con le parole, ho capito che erano in grado di operare cambiamenti. Quando ho guardato intorno a me con gli occhi bene aperti, ho visto che i cambiamenti sono il motore di tutto quello che vive, e avvengono in armonia, bilanciati nella relazione con altri viventi, in un sistema dove doni e ricevi doni e comunichi di continuo nei modi più svariati. Io sto in questo movimento pensando, provando emozioni ed empatia, ascoltando, parlando, scrivendo. Altre/i ci stanno con i loro specifici talenti, differenti dai miei.

Per cui, quando vi sembra che io faccia qualcosa del tutto gratuitamente, è invece assai probabile che vi stia restituendo qualcosa: affetto, riconoscimento, valore, rispetto, coraggio, comprensione. Inoltre, partecipo al tentativo di operare cambiamenti in tutte le aree che causano sofferenza non necessaria agli esseri viventi. Probabilmente c’è un po’ di egoismo o di istinto di sopravvivenza in questo, perché il dolore altrui mi colpisce molto direttamente. Ma tant’è. Quando dico cose “ad alta voce” (con la bocca o per iscritto) ne accadono altre. Ad esempio, qualcuna/o mi fa sapere che si sentiva esattamente come me, ma che non trovava le parole per dirlo. E io ho l’occasione di aggiungere che parecchia dell’oppressione che subiamo ha buon gioco nell’alienazione, nell’isolamento: fossimo solamente in due persone a sentirci in quella determinata maniera adesso non siamo più sole. E persino la persona che non mi ha detto nulla al proposito, ma che dalle mie parole ha ricavato forza, legittimazione, speranza per sé o per altri, non è più sola. Domani potrebbe decidere di dire ad alta voce come si sente, cosa prova, cosa vorrebbe, come immagina un mondo migliore e fra chi l’ascolta ci potrebbero essere individui che sentono, provano, vogliono, immaginano le stesse cose. Dopodomani potrebbe decidere che lavorerà alla costruzione di quel mondo migliore in prima persona, con i suoi propri talenti e con gli alleati che il suo parlare a voce alta le ha guadagnato.

Tutto comincia così. Con qualcuno che dice. Dice: “abbiamo il diritto di votare” (essere donne o essere di colore non è un presupposto per negarcelo). Oppure dice: “Non taglierete questi alberi per il vostro profitto” (le donne Chipko, l’inizio dell’attuale rivolta turca). E il resto diventa Storia.

Maria G. Di Rienzo

(Tratto da questo blog, che ho scoperto qualche giorno fa e sto leggendo avidamente.)

[barbara]

wow
"Quando mi sono chiesta perché ero maledetta da un’empatia profonda, ho compreso che il dono in sé non aveva colori foschi a meno che non fossi io a pennellarlo in quel modo: che fosse una benedizione o una maledizione dipendeva da quel che io ne facevo"
Quanto ci risuona, Vera?

[ruby]

Uh, grazie Vera per la condivisione

(credevo fosse di tuo pugno, finchè non ho letto la firma, mi sembravi proprio tu )

[rosengarten]

(credevo fosse di tuo pugno, finchè non ho letto la firma, mi sembravi proprio tu )

Ho pensato esattamente la stessa cosa!
Grazie Vera!

[Vera]

Barbara, confesso che è stata la lettura di quel passaggio a farmi decidere di postarlo qui.

E giuro che non mi è minimamente passato per la testa che poteste attribuirlo a me, ma le vostre parole mi spingono a riflettere su quanto mi risuona dentro e quanto traspare di me in quel che scrivo.

[barbara]

Vera è un passaggio così 4 che più 4 non si può Ero certa che ti sarebbe risuonato, come ha risuonato a me.

[nebbia]

Vera, tesoro, grazie.

[Vera]