Articolo sul REACH 28/07/2007

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barbara
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Articolo sul REACH 28/07/2007

Messaggio da barbara »


L'eroe ignoto e il topolino

SCIENZA Entro il 2012 saranno fatti centinaia di migliaia di test per certificare 30mila sostanze. Ora alcune aziende stanno cercando vie alternative. Complici ricercatori geniali. E i loro kit
di Sylvie Coyaud

Strozzeremmo volentieri quelli che abbandonano cani e gatti senza neppure uno sguardo nel retrovisore, vero? E ancor più volentieri il produttore di uno shampoo per bebè la cui schiuma fa piangere il nostro, o no? Pretendiamo, ci mancherebbe, che i suoi dieci ingredienti siano stati controllati. Vogliamo la certezza che non saranno dannosi. Solo che, per saperlo, occorre iniettare ognuno di essi negli occhi di venti animali. Che stanno per diventare milioni perché, a fine dicembre scorso, il Parlamento europeo ha approvato una legge basata sul principio di precauzione detta Reach, dall'acronimo inglese di Registration, Evaluation, Authorization of Chemicals.
Da qui al 2012, le aziende europee dovranno dichiarare le circa 30mila sostanze di cui ogni anno vendono una tonnellata o più. Per le altre, si vedrà. Se il loro impatto sulla salute umana, animale e dell'ambiente è già stato analizzato, bisognerà fornire la documentazione. Se questa non è soddisfacente, le sostanze saranno testate per verificarne l'innocuità. Nel caso in cui risultino tossiche, verranno bandite e sostituite. Da questa gigantesca operazione, improntata alla filosofia "più sicurezza in nome della scienza", risulteranno controlli più efficaci - per il made in China sospetto, per esempio - e un registro aperto a tutti, regolarmente aggiornato: un sapere collettivo che, speriamo, eviterà di ripetere errori e orrori del passato.
Un esempio? Gli enzimi sono scomparsi dalla polvere per il bucato; strano, eliminavano così bene lo sporco. Conosciamo una coppia che li adoperava da tempo con soddisfazione, quando attraversò una brutta crisi. Lei, per via di piccole ulcerazioni, accusò lui di averle trasmesso una malattia venerea. Pianti, dinieghi, appuntamento dallo specialista. "Mentre aspettate i risultati degli esami del sangue", suggerì il medico alla signora, "provi a lavare le mutandine con il sapone di Marsiglia". Non era sifilide, e passò.
Non è tutto. Una vernice durevole dura fin troppo: si degrada pian piano, rilasciando una sostanza neurotossica. Un'altra innocua da decenni in un prodotto, aggiunta a un altro diventa letale. La cumarina creata in laboratorio dal chimico Paul Parquet "è stata, a fine Ottocento, la prima molecola di sintesi a venir usata in un profumo, Fougère Royale, che ebbe un successo tuttora ineguagliato", scrive il biofisico Luca Turin in The Secret of Scent (Faber, Londra 2006). La cumarina evoca l'erba appena tagliata, sa di fresco e di pulito. È stata aggiunta via via a cibi, sigarette, deodoranti per interni e numerosissimi altri prodotti. A un certo punto fu proibita nei cibi, perché cancerogena. Oggi è quasi assimilata al veleno per topi, e nell'Ue sarà eliminata del tutto entro il 2008. Ma che prezzo pagheranno gli animali per la scoperta di altre cumarine?
Mentre il mondo delle aziende organizza seminari per spiegare come sarà applicata la legge Reach, quello della scienza ne organizza sulle novità del regolamento detto Tre R, ovvero: Refinement, Reduction, Replacement and Laboratory Animal Welfare. Dalla sua introduzione, negli anni '80, il testo è diventato più restrittivo. Vieta di usare animali di laboratorio senza l'autorizzazione di un comitato etico e, nell'Ue, le tre R sono formulate così: "1. Un esperimento non verrà effettuato se esiste un altro metodo, scientificamente soddisfacente, ragionevolmente disponibile e praticabile, che non implica l'uso di animali. 2. Se deve essere effettuato, andrà considerata con cura la scelta della specie. Verrà scelto l'esperimento che usa il numero minimo di animali, coinvolge quelli con un livello minimo di sensibilità neurofisiologica, causa minor sofferenza, malessere, dolore o danno irreversibile. 3. Tutti gli esperimenti devono essere progettati per evitare malessere, dolore e sofferenza superflua agli animali coinvolti".
Flavia Zucco, dell'Istituto di neurobiologia e medicina molecolare al Consiglio nazionale delle ricerche, è nota in Italia per le riflessioni sulla bioetica e le lotte contro la discriminazione sessuale: è infatti anche presidente dell'Associazione donne e scienza, che tra il 21 e il 23 giugno scorsi ha convocato a Roma una conferenza internazionale, affollata e vivace. In Europa, Zucco è invece nota come esperta dei metodi più affidabili per estendere i risultati ottenuti con cellule in vitro ai tessuti, all'organo e se possibile a tutto il corpo, in modo da fare in vivo solo gli esperimenti inevitabili. "Nuovi metodi esistono, funzionano e convengono", sostiene.
Un po' scettiche - sulle riviste specializzate se ne scrive da anni, in concreto dove sono? - siamo andate a cercarli. Ha ragione Zucco. Nei computer si simula realisticamente il percorso di una molecola una volta ingerita o iniettata; per esempio, come viene metabolizzata dalle cellule e che fine fanno i suoi residui, quei metaboliti che spesso causano gli effetti collaterali di un farmaco. In vitro, con microscopi elettronici, confocali, a forza atomica e di altro tipo ancora, si sa cosa accade nelle cellule senza doverle "squartare". Al loro interno, "pinzette ottiche" - ovvero, delicati fasci di luce laser - sono capaci di spostare una proteina per capire se agisce meglio qui o là. Ma le norme internazionali esigono i test sugli animali, e Reach le segue e le complica. Invece dovrebbe e potrebbe cambiarle, facendo felici, per una volta, sia animalisti sia industriali: meno i metodi sono cruenti, più sono convenienti. Soprattutto se sono alternativi, cioè senza cavie. Esistono già, ne abbiamo sperimentato uno.
Come tutte le grandi aziende della cosmesi, L'Oréal non fa test sugli animali, avendo scoperto da tempo che il miglior modello di pelle umana è la pelle umana. Come poche multinazionali della chimica, investe nella ricerca di analisi efficaci. Ha acquisito l'Episkin, azienda biotech di Lione che ha creato il primo test alternativo sul serio, basato su una pelle "cresciuta" da cellule donate da pazienti. È una membrana beige, elastica. Al microscopio se ne distinguono gli strati: uno di cellule cornee, uno di epidermide, uno di derma su un cuscinetto di collagene. A toccarla, persino attraverso gli obbligatori guanti di gomma, dà la sensazione di essere viva. Lo è, infatti, e lo resta per giorni, nei pozzetti della confezione da trasporto simile a quella di plastica per le uova. Ci sono voluti vent'anni e decine di ricercatori per perfezionare questo kit che, poche settimane fa, ha ricevuto la prima certificazione europea di validità (Evcam). L'Oréal ne ha costruito la "fabbrica": un doppio laboratorio con, al piano superiore, un groviglio di grosse tubature argentate che filtrano l'aria per garantire un ciclo di produzione sterile. Infatti, se uno dei laboratori viene contaminato da batteri o virus chiude, le colture di pelle si buttano, tutti gli elementi si sterilizzano e si ricomincia da capo.
È quasi pronto un nuovo kit per le irritazioni agli occhi. Nel frattempo, il solo già approvato salverà 20mila conigli, semplicemente nel verificare se le venti o trenta sostanze per uso cosmetico che rientrano nella legge Reach irritano la cute. Per accertare le possibili tossicità per uomini, animali e ambiente delle 30mila molecole esistenti e di quelle future, ci vorrebbero più kit come questi. E un'opinione pubblica desiderosa di incoraggiare i ricercatori che si dedicano ai Tre R. E autorità europee che rendano obbligatori i test appena sono convalidati.
Una medaglia di cioccolato
Sembra sbagliato vietare ogni ricerca sugli animali, perché il proibizionismo sposta sempre le pratiche che si vogliono eliminare nell'illegalità. La politica intesa come arte del compromesso fra interessi conflittuali, le regole concordate e il controllo rigoroso del loro rispetto sembrano strumenti migliori. Altri sono la denuncia delle indegnità e, soprattutto, il riconoscimento dei meriti. Per questo proponiamo di istituire un'onorificenza per ricerche che oggi non portano né fama, né denaro. Di solito sono ingegnose ma ovvie, e quindi non brevettabili. Un esempio: l'idea di "arredare" la gabbia dei topolini con un tubo di plastica opaca. È semplice eppure, per dimostrare che li faceva stare meglio, sono state necessarie lunghe osservazioni dei loro comportamenti ed esami per misurare gli ormoni da stress nel sangue e nella saliva. Infine, i risultati sono stati paragonati a quelli relativi ai topolini privi del tubo.
A turno, potrebbe consegnare l'onorificenza la Lega antivivisezionista, Greenpeace, il Wwf, la Lega per la protezione degli uccelli o un'altra associazione che tutela gli animali. Per ringraziare, a nome loro, i militi ignoti di ricerche ignorate, gli "eroi mai cantati" dal poeta né dai media. Ispirata alla medaglia d'oro del premio Nobel, con al posto della faccia di Alfred quella di un topolino, l'onorificenza sarebbe più che altro simbolica: le colleghe che per D si occupano di cucina hanno promesso di farla fondere dal miglior cioccolataio d'Italia. Ma la redazione tutta resta aperta a proposte più ambiziose.
Attivisti o terroristi?
La Gran Bretagna e gli Stati Uniti hanno inasprito
le pene per gli animalisti che commettono delitti, incendiano laboratori, lanciano bombe contro le case dei ricercatori, minacciano loro e i loro parenti e così via. Alcune riviste scientifiche hanno applaudito. Nel maggio scorso però, quando i procuratori dell'Oregon hanno chiesto per dieci imputati le "aggravanti
di terrorismo", Nature, il periodico più influente,
ha protestato contro l'abuso del termine. Per il quale, spiega l'editoriale, "non esiste una definizione oggettiva. In pratica viene chiamata terrorista una persona che combatte per una causa in cui non crediamo, usando metodi che non approviamo. Chiamare qualcuno terrorista pone fine a ogni possibilità di dialogo".
Invece, "il confronto fra attivisti e ricercatori
è indispensabile, a volte produttivo", e può stimolare idee utili a entrambi. Lo dimostra l'inglese Boyd Group, al quale partecipano animalisti che, in passato, sono stati condannati per violenze, e che a queste hanno poi rinunciato. "Evitiamo di creare un muro invalicabile tra gli attivisti criminali e le loro vittime", conclude l'editoriale. Il consiglio ci sembra saggio, e non solo per
i conflitti suscitati dalla ricerca.

D, la Repubblica delle Donne, n 559 28 luglio 2007
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fedy21
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Messaggio da fedy21 »

ma scusa barbara io non ho capito una cosa, allora la loreal è una multinazionale seria oppure è da boicottare???scusa la mia ignoranza!
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RaelDelMare
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Messaggio da RaelDelMare »

uuuuhhhh il giornale l'ho visto di là in salone, devono aver comprato la repubblica, mi ritaglierò l'articolo, perchè leggere su internet dopo un po' mi fa lacrimare gli occhi -.-'
Ottimo che L'oreal non testi più, però è sempre Nestlè... grrrr (e sempre chimica... che più chimica non si può!)
Dalila
Recensioni makeuppose e varie :D http://raelmente.blogspot.com/" onclick="window.open(this.href);return false;
Laura
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Iscritto il: sabato 21 luglio, 2007 17:47

Re: Articolo sul REACH 28/07/2007

Messaggio da Laura »

barbara ha scritto:... L'Oréal non fa test sugli animali, avendo scoperto da tempo che il miglior modello di pelle umana è la pelle umana. Come poche multinazionali della chimica, investe nella ricerca di analisi efficaci. ...
Sotto questo aspetto l'Oréal si mette nel taschino tutte le certificazioni ICEA-LAV, le scrittine crueltyfree et similia ;) .
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barbara
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Iscritto il: martedì 17 luglio, 2007 22:07

Re: Articolo sul REACH 28/07/2007

Messaggio da barbara »

Laura ha scritto:
barbara ha scritto:... L'Oréal non fa test sugli animali, avendo scoperto da tempo che il miglior modello di pelle umana è la pelle umana. Come poche multinazionali della chimica, investe nella ricerca di analisi efficaci. ...
Sotto questo aspetto l'Oréal si mette nel taschino tutte le certificazioni ICEA-LAV, le scrittine crueltyfree et similia ;) .
E infatti ho postato questo articolo apposta. Per stimolare una riflessione,
alla quale ancora non ho avuto tempo di dar voce, sgrunt, ma appena riesco... ripasso!
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scheggia
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Iscritto il: mercoledì 08 ottobre, 2008 07:32

Re: Articolo sul REACH 28/07/2007

Messaggio da scheggia »

barbara ha scritto:
Come tutte le grandi aziende della cosmesi, L'Oréal non fa test sugli animali, avendo scoperto da tempo che il miglior modello di pelle umana è la pelle umana. Come poche multinazionali della chimica, investe nella ricerca di analisi efficaci.
L'Oréal ne ha costruito la "fabbrica": un doppio laboratorio con, al piano superiore, un groviglio di grosse tubature argentate che filtrano l'aria per garantire un ciclo di produzione sterile. Infatti, se uno dei laboratori viene contaminato da batteri o virus chiude, le colture di pelle si buttano, tutti gli elementi si sterilizzano e si ricomincia da capo.
:shock: :shock: ma allora ,scusate la mia totale ignoranza ,la L'oreal non testa più sugli animali ?? e una delle multinazionali che boicotto con grande foga visto che era una delle più attive nel campo della vivisezione .Lo fa ancora o no ?Scusate ma io sono molto indietro con queste cose e nel web le informazioni sono alquanto contradittorie .. :shock: :shock:
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Dynamite
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Iscritto il: martedì 26 ottobre, 2010 22:39

Re: Articolo sul REACH 28/07/2007

Messaggio da Dynamite »

Io penso che L'Oreal utilizzi entrambi i metodi di test, a seconda del caso e della convenienza economica (è quella che importa a loro)...
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Simonetta
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Iscritto il: lunedì 25 febbraio, 2008 11:36

Donna sottoposta agli stessi esperimenti condotti su animali

Messaggio da Simonetta »

L’hanno portata con uno straccio attorno agli occhi e l’hanno messa su una brandina. E’ tempo di mangiare per Jacqueline Traide e puoi leggere sulla sua faccia quanto la ragazza sia terrorizzata. Prima di tutto le hanno fatto spalancare la bocca grazie a due uncini di metallo bloccati intorno alla testa. L’uomo in camice bianco prende la ragazza tirandola per la coda dei capelli finché la donna non rovescia la testa all’indietro spalancando le fauci. Dopo che l’uomo ha finito di buttarle cibo in bocca, la ragazza si agita, strattona e cerca di ottenere la libertà. Per le prossime ore, questa ragazza di 24 anni, un’artista, subirà iniezioni, la sua pelle verrà depilata brutalmente e sperimenterà lozioni e pozioni – poi una striscia dei suoi lunghi capelli verrà rasata. Il tutto succede in una delle strade più trafficate in Inghilterra. Ma le stesse cose succedono in tanti altri posti nel mondo, in quei laboratori dove in questo momento stanno sperimentando un costosissimo mascara o qualche altro cosmetico su animali indifesi che vengono allevati appositamente per diventare cavie di prodotti destinati agli uomini. La differenza è che Jacqueline – umiliata pubblicamente, rasata con un rasoio da ospedale – alla fine dell’esperimento è potuta tornare a casa. Agli animali, invece, si prospetta una fine ben più misera: la morte. L’artista volontaria Jacqueline ha scelto di interpretare questa scioccante performance per dare risalto ad una campagna pubblicitaria studiata per porre l’attenzione del pubblico sul dolore e sulla crudeltà inflitti agli animali durante i test in laboratori di cosmetici. Nuda (anche se indossava un body color carne) è stata messa nella vetrina del negozio di cosmetici Lush a Londra in Regent street, una via molto trafficata. La catena Lush, che sebbene venda cosmetici, non fa esperimenti su animali, ha scelto di usare questo modo per veicolare il messaggio di fermare i test cosmetici di laboratorio su animali vivi e indifesi. Migliaia di clienti, turisti e lavoratori hanno assistito alle torture su Jacqueline, una scultura vivente, che ha deciso di interpretare l’opera dell’artista Oliver Cronk (presente in vetrina come ‘ricercatore’ vestito con un camice bianco). Gli occhi della ragazza si sono irritati dopo che l’uomo le ha spruzzato a diversi intervalli di tempo una qualche sostanza e il suo braccio ha cominciato a sanguinare quando ha cercato di evitare che le fosse fatta un’iniezione. Ma il momento più tremendo è avvenuto quando le è stata bloccata la testa per rasarle una parte dei capelli proprio nella zona frontale – pratica comune nei laboratori per consentire l’applicazione degli elettrodi sulla pelle degli animali. Gli spettatori si sono fermati, hanno guardato, hanno fatto foto e filmati con il loro cellulare – alcuni hanno firmato la petizione e altri invece hanno semplicemente girato i tacchi e hanno proseguito sulla loro strada. Jacqueline è apparsa nervosa prima della performance, è rimasta muta per tutto il tempo, anche se chi l’ha vista ha ammesso che in certi momenti non sembrava che la ragazza stesse recitando il dolore che provava. E probabilmente è stato così. Ha affermato: “Spero che questo spettacolo aiuti a mettere un primo mattone per la consapevolezza e che le persone comincino a pensare a cosa comprano e dove viene testato ciò che stanno acquistando”. Durante la performance alla ragazza viene legata anche una corda intorno al collo. Il manager della Lush, Tamsin Omond ha dichiarato: “L’ironia è che se avessimo avuto un cane beagle in vetrina, al posto della donna, avremmo avuto la polizia in pochissimi minuti. Ma da qualche parte nel mondo, queste cose accadono ogni secondo su diversi animali. La differenza? Di solito queste cose vengono fatte di nascosto. Ma abbiamo il dovere di ricordare alle persone che sono fatti che accadono quotidianamente”. Gli scienziati da lungo tempo usano animali da laboratorio per test di medicinali e continuerà ad essere così. “Ma sebbene i test sugli animali per la produzioni di cosmetici siano stati vietati nell’Unione Europea 3 anni fa, continua ad essere legale in Inghilterra vendere prodotti testati sugli animali in altri parti del mondo, inclusi USA e Canada. In paesi come la Cina, questo genere di test è obbligatorio prima di immettere un prodotto cosmetico sul mercato”.
Fonte: http://www.noncipossocredere.com/2012/0 ... u-animali/
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maracas
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Iscritto il: domenica 16 gennaio, 2011 22:34

Messaggio da maracas »

Non sapevo di questa cosa! A volte vengono in mente anche a me, ma se pensi che mi viene da piangere solo a leggerle.... :cry:
Francesca
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